SCUDETTO NAPOLI INTERVISTA FABIO CANNAVARO - A festeggiare il terzo scudetto del Napoli, arrivato dopo il pareggio della Dacia Arena contro l'Udinese, anche Fabio Cannavaro che i primi due tricolori li ha visti da raccattapalle della squadra azzurra. L'ex difensore ha rilasciato un'intervista al Corriere dello Sport parlando della vittoria.
"Quando ha avuto inizio? Forse a giugno scorso, ma non so essere preciso. Però quello è stato un momento decisivo, la svolta di chi ha preso il coraggio a due mani - e che coraggio - ed ha capito che bisognava cambiare. Senza che ci fossero responsabilità di nessuno, sia chiaro. Era arrivato il giorno zero. Sono stati tutti bravi. La società, quindi De Laurentiis; il manager, cioè Giuntoli; l’allenatore, quel mago di Spalletti; e i giocatori, che hanno diffuso un senso di allegria raro. Non era semplice, semmai era difficile: via in tanti, i leader e di qualità. Spazio agli altri, forti e forti davvero, e poi acquisti mirati e di qualità altissima".
"Spalletti aveva avviato il lavoro con quel terzo posto che gli era valso il massacro: ricordo il clima dopo la sconfitta con la Fiorentina, il pareggio con la Roma, il ko di Empoli. Ma stava nascendo il suo Napoli. Meret ha offerto un rendimento costante e rassicurante, ha confermato le qualità che si conoscevano. Di Lorenzo fosse arrivato dall’Argentina lo avrebbero chiamato Zanetti e se fosse stato acquistato in Inghilterra sarebbe stato per tutti Walker. Io sarei stato curioso di vedere Kim con Koulibaly ma cosa vuoi dire del campionato di Rrahmani? E Mario Rui, che lo rimpiangevi quando era assente? E Zielinski, con quel suo calcio pulito e raffinato? E Anguissa, che si prendeva il campo? Viene facile sottolineare quanto siano stati importanti Osimhen, Kvara e pure Lobotka e Kim. Ma gli altri, invece, sembravano uomini normali che invece hanno offerto un contributo sensazionale. Tutti, nessuno escluso. Penso a Raspadori, che ha avuto poco spazio perché con quel mostro davanti non si poteva fare diversamente. E poi a Simeone, serio, determinato: entrava e segnava".
"E mi sia consentito sottolineare il lavoro di Spalletti. Ha gestito con maestria, ha avuto una squadra in testa, l’ha disegnata secondo un calcio emozionale, di bellezza rara. Le critiche di un anno fa avrebbero potuto lasciare il segno, lui le ha evitate andando avanti con le proprie idee. Fu messo in discussione, ha reagito con orgoglio e serenità. Complimenti, perché questa è la sua rivincita. Ha dominato dall’inizio alla fine, è diventato un eroe, come lo sono Bianchi e Bigon, i predecessori. Verrà ricordato per sempre e penso si possa dire che questo sia il suo capolavoro".