Spalletti: "Via da Napoli perché il Presidente aveva preso il sopravvento"

12 Ottobre 2025
- di
Guido Arbolino
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Luciano Spalletti
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L'ex allenatore del Napoli e C.T. della Nazionale, Luciano Spalletti, ha parlato durante il Festival dello Sport di Trento. Queste le sue parole.

Le parole di Luciano Spalletti

Hai mai dovuto rinunciare ad un grande talento per il gruppo?

"Ma no, i calciatori forti ci vogliono. Quando mi sono messo un po' in mezzo tentando di prendere una posizione forte è perché c'era un ego spropositato, di percezione, di uno che si percepisse diverso da tutto il resto allora non mi sentivo a mio agio. Mi riferisco a quegli atteggiamenti della serie: 'Devo vincere io altrimenti si perde tutti'. Altrimenti con i calciatori per me è sempre stato fondamentale averci un bellissimo rapporto. Quando c'è qualcosa che va al di là, bisogna stare attenti".

In Nazionale sei riuscito a creare un gruppo sano come volevi?

"Ho commesso l'errore di trasferirgli troppo questo mio amore per il calcio. Poi sono successe delle cose ed ho sentito dire delle altre cose. Ho cercato di trasferire il mio modo di vivere questa professione, ma lì probabilmente ho sbagliato per averli intasati di cose dette e richieste. I calciatori invece ora hanno più bisogno di essere leggeri, perché le pressioni sono tante. Hanno bisogno magari di arrivare alla partita, ascoltare la musica in spogliatoio e queste cose qui. Ho tentato di far capire che il calcio è una cosa seria. Mi sono successe due cose antipatiche quando sono arrivati a prendere dei nostri calciatori in ritiro. Lì sono entrato negli ingranaggi a dire troppe di queste cose. E non ha fatto bene alla squadra. Noi dobbiamo sempre domandarci con che occhi e quali orecchie loro ascoltano e vedono le cose. Devo sempre essere bravo a capire: come arriverà questa cosa che sto dicendo, al gruppo? Una domanda che mi sono sempre fatto".

Che ne pensi di quando un calciatore rifiuta la convocazione in un momento decisivo per la Nazionale? Mi riferisco ad Acerbi.

"Sono sempre di più quelli che trovano delle scusanti o delle motivazioni per non assolvere i propri impegni, le proprie responsabilità importanti, che vanno prese. Sono sempre di meno quelli che ci mettono la faccia nel momento del bisogno, quando c'è bisogno di un confronto umano per andare a vedere cosa succede. La possibilità in questo caso c'era stata per dire quelle cose che ha detto. C'era un'altra convocazione di 20 giorni prima: perché non dici niente? Il giorno prima della convocazione poi lo chiamo e gli dico: 'Guarda, avevi ragione tu, perché bisogna sempre guardare il campo'. Il campo dice sempre chi risponde, lui aveva fatto gol al Barcellona ed era stato decisivo ad alto livello. Avevo spiegato che in campo aveva detto che lui fosse ancora un leader e gli dissi: 'Per questo ho pensato di convocarti'. In quel momento c'era Gatti infortunato, così come Buongiorno e Gabbia. Fra Mancini e Acerbi scelsi Acerbi. Quando ho telefonato, mi ha risposto il giorno prima della convocazione e gli dissi che lo avrei chiamato. E lui mi rispose: 'Se lei ritiene di chiamarmi, vengo'. Poi passò qualche giorno e mi mandò un messaggio per dirmi: 'Ci ho ripensato, non vengo più'. Allora l'ho richiamato e ha ritirato fuori la questione di Juan Jesus. In quella questione eravamo dovuti intervenire perché quelle sono cose delicate. Se lui è contento così, sono contento per lui. Ma la cosa è andata diversamente da come l'ha raccontata".

Baggio è il più grande della storia del calcio italiano?

"Uno dei più grandi, ne abbiamo avuti diversi e ne continuiamo ad avere".

Però ci manca un Baggio?

"Questo è uno dei profili che ci manca. Bisogna stare attenti che gli altri sono meglio di noi, secondo me ci manca un po' di questa cosa qui".

Sulla Nazionale, come l'ha vissuta?

"Per me la Nazionale era il Paradiso. Ho cercato di restituire dal punto di vista sentimentale quanto fosse importante per me".

Quanto ti ha fatto male il modo in cui si è chiusa?

"Mi fido di me stesso, quando mi fanno allenare una squadra faccio come mi pare. Sono partito da quel campetto delle case popolari e nessuno mi ha regalato niente. Non ho mai avuto un procuratore, né come calciatore né come allenatore. Non perché ce l'abbia con i procuratori, ma perché magari un procuratore ti può aiutare in certe situazioni. Io ho fatto la scalata fino alla Nazionale da solo. Quindi andando ad allenare, se mi fanno allenare io sono a posto, non mi serve altro. Nell'Italia non mi mancava niente. A quest'Italia è bene dirgli che abbiamo tutto, altrimenti si vanno a creare pressioni".

Ci sono 20 giocatori buoni in Nazionale quindi...

"Anche 25. Donnarumma è un top, così come Di Lorenzo. Bastoni è un grande calciatore, Tonali, Barella e altri".

Sui centravanti: si cominciano a rivedere anche in Nazionale?

"Pio Esposito ti dà la convinzione che poi avremo un padrone dell'area di rigore. Ieri sera ha fatto un gol pazzesco per dove l'ha messa e come ha tirato".

A chi somiglia Pio Esposito?

"Forse Bobo Vieri. Qualsiasi cosa gli tiravi addosso te la restituiva pulita e risistemata".

Il tuo legame con Napoli?

"Quando mi hanno riconosciuto di essere uno 'scugnizzo' napoletano, è stato un momento bellissimo. Mi riferisco alla cittadinanza che mi ha dato il Sindaco. Ho ricevuto un amore sfrenato che ti metteva anche timore, non sai dove possa andare a finire. Mi faceva anche un po' di timore, perché non sapevo se avere tutto quello che serviva per meritarlo".

La fine del rapporto con il Napoli?

"Per me era diventato difficile, ormai il Presidente (De Laurentiis, n.d.r.) aveva preso il sopravvento. Mi aveva un po' 'bisticciato' da tutti i punti di vista. Non aveva mai parlato di rinnovo di contratto, di un qualsiasi regalo per farmi capire che mi voleva bene. Una volta con una giornalista si arrivò a dire "Il campionato con il Napoli lo avrebbe vinto anche lei da solo" (riferito a De Laurentiis). Una cosa che non si può sentire da un Presidente. Un'altra volta in conferenza disse: 'Spalletti rimane, lo dico io'. Allora pensai: 'Perché?'. Potevo rimanere anche senza allenare".

Prima di tanti parlavi del portiere che deve saper giocare con i piedi.

"Non si considera mai il portiere come un calciatore, ma solo un portiere. Chiaramente uno deve saper parare, ma se ho la palla io diventa fondamentale nell'uscita in un calcio in cui tutti ti vengono a prendere".

La formazione ideale dei calciatori che hai allenato? (viene portata una lavagna al tecnico per scriverla).

"Scelgo il modulo 4-2-3-1. Non metto quelli della Nazionale, sarebbe facile altrimenti partire da Donnarumma. A Roma ero in difficoltà a scegliere fra Alisson e Szczesny. Scelgo Szczesny anche se è un casino da scrivere".

Difesa e centrocampo?

"Panucci o Di Lorenzo? Scelgo Di Lorenzo dai. A sinistra ho avuto Emerson, Jankulovski, Riise, tutti fortissimi. Anche Tonetto, Juan e Mexes. Metto Jankulovski, spingeva in maniera incredibile. Come centrali ho avuto Kim, Koulibaly, Chivu. Scelgo Koulibaly e Chivu. Pizarro e De Rossi in mediana".

Davanti?

"Totti lo metto per primo. Scelgo poi Dzeko, poi come ali Kvaratskhelia va messo per forza da un lato e dall'altro Salah".

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