INTERVISTA SACCHI NAPOLI - Il gioco del Napoli di Luciano Spalletti sta facendo innamorare l'Italia e non solo. Gli azzurri sono primi in Serie A, lo stesso vale per la Champions League dove pure hanno espresso un calcio notevole. E in una intervista a La Gazzetta dello Sport, Arrigo Sacchi ha provato a spiegare il modo di giocare della squadra partenopea.
"In un calcio italiano, che fa del tatticismo e della furbizia le armi principali, ricercare lo spettacolo come il Napoli è un punto di merito. Poche squadre in Europa stanno in campo e si muovono come quella di Spalletti. Davvero bravi: giocatori, e allenatore. Come si sviluppa? Le azioni di sviluppano quasi sempre in verticale, raramente ci sono tocchi laterali se non per trovare il varco giusto. In sostanza, un attaccante viene incontro al portatore di palla e un altro si butta nello spazio per ricevere il passaggio in profondità. Non sono movimenti difficili, ma prevedono una perfetta sincronia e lungo lavoro in allenamento".
"I difensori avversari sono sempre preoccupati da questi rapidi movimenti perché sanno di poter essere attaccati alle spalle. Se invece si pratica un possesso-palla orizzontale le retroguardie fanno in tempo a sistemarsi e a chiudere tutti i buchi. Con Osimhen non cambia nulla. Lo spazio lo attacca lui, mentre uno dei due esterni d’attacco, che sia Kvara, Politano o Lozano, accorcia e va incontro al centrocampista in possesso di palla. Nel calcio moderno ricevere il pallone da fermo significa consegnarsi all’avversario: il Napoli non corre questo rischio. È una squadra “movimentista”, nessuno è mai bloccato sulla propria posizione".
"Sì, ma la Roma non era così coordinata come questo Napoli. I reparti erano molto distanti, non c’era comunicazione. Qui, invece, Spalletti sta facendo qualcosa di veramente notevole. Di moderno, direi. Anzi: qualcosa di europeo. A tratti, per il modo di attaccare, ricorda il Liverpool di Klopp, quando i Reds avevano più voglia di correre e di smarcarsi di quella che hanno adesso... La cosa è resa possibile a Spalletti perché ha giocatori intelligenti, disponibili, che mettono entusiasmo e volontà nel lavoro".
"C’è il rischio che tutti si sentano già arrivati. Ora sono un collettivo e giocano da collettivo. Se cambiassero, non sarebbero tanto belli".