Sfida tra ragù e pesto in Napoli - Genoa: i segreti

26 Settembre 2020
- Di
Redazione MagicoNapoli
Categorie:
sfida tra ragù e pesto
Tempo di lettura: 5 minuti

Sfida tra ragù e pesto. Napoli - Genoa è una sfida anche culinaria. Se la scorsa settimana vi abbiamo portato in un viaggio tra le bellezze di Napoli e Parma, adesso vi trasportiamo nella sfida tra cibi tipici. Sfida tra ragù napoletano e pesto alla genovese.

Con ottobre alle porte i tifosi italiani cambiano le loro abitudini. La domenica non è più sole, mare e gite fuori porta ma calcio e pranzo in casa. Magari calcio all'ora di pranzo. Il ragù è il re delle domeniche azzurre. Dopo il Napoli ovviamente. Sì, perché a Napoli se al San Paolo è 'palla al centro' alle ore 15 nelle case dei tifosi azzurri è 'palla al centro' a tavola. Un fischio d'inizio accompagnato da un profumo tanto familiare quanto rassicurante. Quello del ragù, che sa di casa e di calore.
Non è strano passeggiare per i vicoletti di Napoli e sentire, di buon'ora o addirittura il sabato pomeriggio, il profumo della carne che rosola nel passato di pomodoro.

Le origini della ricetta del ragù

Sfida tra ragù e pesto che parte con il piatto tipico dei padroni di casa. Nato intorno al 1300, dietro alla ricetta del ragù di carne alla napoletana. C’è una leggenda legata ad un uomo tanto ricco quanto cattivo che, nemmeno quando il figlio di tre mesi gridò "Misericordia e pace" si riappacificò con i suoi nemici. Fu solo grazie ad un piatto di maccheroni con questa magnifica salsa preparategli dalla moglie, che la sua ira si placò. Sul nome ci sono scuole di pensiero diverse. C'è chi lo attribuisce al piatto francese 'ragout' fatto di carne e verdure cotte a lungo. C'è chi invece sostiene che il figlio dell'uomo, protagonista della leggenda, si chiamasse Raú e da qui il nome.

Il rito della preparazione del ragù

Leggende a parte, il ragù napoletano ha conquistato in breve tempo tutte le famiglie napoletane che, ancora oggi, per le grandi occasioni e, appunto, per il pranzo della domenica preparano questo sugo denso ed avvolgente, dal sapore unico. La ricetta del ragù napoletano si tramanda da generazione in generazione, con pazienza e devozione.

La ricetta

Con il ragù napoletano si condiscono i maccheroni o gli ziti napoletani spezzati, una tipica pasta cilindrica, ma il ragù viene anche servito come secondo piatto accompagnato con pane casereccio.
La preparazione del rau' è un rito, ruolo fondamentale giocano gli ingredienti. Ovvero 1 kg di spezzatino di vitello, - 2 cipolle medie, - 2 litri di passata di pomodoro, - un cucchiaio di concentrato di pomodoro, - 200 g. di olio d'oliva, - 6 tracchiulelle (ovvero le costine di maiale), - 1/4 di litro di vino rosso preferibilmente di Gragnano, - basilico, - sale.


E' consigliabile prepararlo il giorno prima mettendo la carne nel tegame, unitamente alle cipolle affettate sottilmente e all'olio. Carne e cipolla dovranno rosolare insieme: la prima facendo la sua crosta scura, le seconde dovranno a mano a mano appassire senza bruciare. Per ottenere questo risultato, bisogna rimanere ai fornelli, pronti a rimestare con la cucchiarella di legno,e bagnare con il vino, appena il sugo si sarà asciugato: le cipolle si dovranno consumare, fino quasi a dileguarsi.

Far pippiare la salsa

Quando la carne sarà diventata di un bel colore dorato, sciogliete il cucchiaio di conserva nel tegame e aggiungete la passata di pomodoro. Regolate di sale e mettete a cuocere a fuoco bassissimo, il ragù dovrà, come si dice a Napoli, "pippiare", parola onomatopeica che ben descrive il suono del ragù che cioé dovrà sobbollire a malapena. A quel punto coprirete il tegame con un coperchio, senza chiuderlo del tutto. Il ragù dovrà cuocere per almeno tre ore, di tanto in tanto rimestatelo facendo attenzione che non si attacchi sul fondo.

Città che vai, salsa che trovi: il pesto alla genovese

Sfida tra ragù e pesto con colori differenti. Se il ragù per i napoletani è il piatto fuoriclasse, per i genoani ospiti del San Paolo domani alle 15, il verde e'il colore della speranza che accompagna i rossoblu' in questa trasferta settembrina. Lo stesso verde delle piantine di basilico che adornano i balconi dei carrugi genovesi, i caratteristici vicoletti di Genova. Tanto simili a quelli napoletani per colori e vivacità ma diversi nei profumi.
Genova è la città natale del pesto, condimento di colore verde e come per il ragù, anche la nascita del pesto è avvolta da mistero e leggende.

Il pesto, la leggenda…

Una delle leggende più diffuse narra che il primo pesto alla genovese fu realizzato da un frate che abitava sulle alture di Prà. Un giorno l’uomo raccolse tutte le erbe del luogo ed iniziò a mescolarle e a pestarle insieme a pinoli, noci e formaggio. Gli erano stati portati in dono dai fedeli del luogo. È noto, però, che i liguri utilizzano le erbe aromatiche fin dal medioevo. Gli abitanti del luogo, infatti, impiegavano questi ingredienti per arricchire i loro banchetti oppure per rendere più gustose diverse pietanze. Il basilico per esempio, che in arabo significa 'erba regale'. Era molto famoso per questi scopi e rappresenta, appunto, ancora oggi l’ingrediente principale del condimento ligure.

La ricetta ligure

Il pesto perfetto richiede foglie di basilico di Pra’ (prodotto Dop), un quartiere di Genova. Poi, olio extravergine di oliva della Riviera Ligure, delicato, e aglio di Vessalico (Imperia), meno forte e più digeribile. Ma fondamentale è l’utilizzo del mortaio e del pestello. Il mortaio tradizionale è di marmo, con il pestello in legno. Le foglie di basilico vengono lavate e lasciate ad asciugare, non stropicciarle per evitare la rottura delle vescicole, con conseguente annerimento e alterazione del gusto. Nel mortaio si schiacciano gli spicchi d'aglio( 1 spicchio ogni 30 foglie circa di basilico).

Il sale ha un ruolo fondamentale

Si aggiungono poi le foglie di basilico, intervallando con modesti strati di sale, che essendo grosso svolge il ruolo abrasivo necessario per triturare efficacemente le foglie. Andranno dunque schiacciate. Il tutto tramite movimento rotatorio del pestello contro le pareti del mortaio, coordinando movimenti in un verso del pestello con la rotazione del mortaio nel verso opposto afferrando con la mano libera le sue caratteristiche 'orecchie'.
Quando il basilico inizia a stillare un liquido verde e si presenta come una crema uniforme. Si aggiungeranno i pinoli e successivamente i formaggi grattugiati. Nelle proporzioni: 2/3 di Parmigiano e 1/3 di Fiore Sardo, circa, per non rendere il gusto troppo squilibrato, essendo il Fiore di gusto più deciso. Amalgamando bene il tutto sempre con movimenti rotatori del pestello e con l'eventuale ausilio di un cucchiaio.
Infine si aggiunge l'olio d'oliva versato a goccia, che svolge, anche, un ruolo antiossidante.

La lavorazione dovrebbe terminare il prima possibile proprio per evitare l'ossidazione degli ingredienti. Il pesto deve apparire come una crema densa di colore uniforme verde chiaro. I diversi ingredienti devono essere mescolati per raggiungere equilibrio nei gusti, senza prevalenze. Prima di utilizzarlo come condimento per la pastasciutta, i cui formati ideali sono le trofie ma anche spaghetti, il pesto può essere allungato con l'acqua di cottura della pasta. Ciò fino a ottenere una consistenza più diluita, che comunque non deve mai essere troppo liquida.

Che si vinca o che si perda il piatto di pasta resta una consolazione.
E se i condimenti sono questi, i colori non fanno differenza rosso o verde che siano a godere sono gli occhi e il cuore.
Proprio come quando la rete si gonfia…

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